Studenti aggressivi come e più di prima del Covid. La denuncia del sindacato dei docenti

Il ritorno in classe, dallo scorso settembre, ha riproposto con maggiore veemenza il problema dell’aggressività dei giovani verso i compagni la classe docente. Tre sono le nuove questioni: spaesamento di adolescenti rinchiusi per due stagioni contro natura e nuovamente in difficoltà a relazionarsi con il gruppo, un aumento dei loro problemi psichiatrici e, come frutto e conseguenza dei primi due, una nuova crescita dell’aggressività.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “quello che accade oggi nelle scuole purtroppo non ci sorprende. Deriva da una delegittimazione della figura del docente, che parte da lontano: dalla mancata valorizzazione del suo lavoro da parte di chi governa la scuola, dall’assegnazione di stipendi mediamente inferiori a quelli degli impiegati, dal supporto alla scuola del tutto assente a livello di enti territoriali e sociali. Il risultato è che fare l’insegnante rappresenta un atto eroico, perché si deve tenere testa, in solitudine, anche alle aggressioni degli studenti e non di rado pure dei loro genitori. In questa situazione, messi di fatto con le spalle al muro, è normale che un alto numero di docenti attorno ai 60 anni, dopo decenni di stress accumulato, si ritrovino particolarmente esposti al rischio burnout e a patologie purtroppo anche tumorali. E siccome parliamo pur sempre di lavoro, abbiamo chiesto che l’esposizione a questi pericoli, si trasformi in un riconoscimento economico permanente tramite l’indennità di rischio biologico”.

I TANTI CASI DI CRONACA

La riapertura delle scuole non è stata indolore. Secondo Paola Colacicchi, referente pedagogica in una scuola superiore di Trento, “il fenomeno è in essere da prima della pandemia, ma il ritorno a scuola, in presenza, lo ha reso più percepibile”. Ci sono casi eclatanti che vale la pena citare: sempre il quotidiano romano ricorda che “a Villaricca, hinterland settentrionale di Napoli, scuola media Siani, l’11 novembre scorso due ventenni hanno tirato giù dallo scooter un professore di Lettere che aveva rimproverato uno studente (il fratello minore di uno degli aggressori, appunto) in classe”. Nell’Istituto alberghiero di Stato G. Rossini, locato vicino allo zoo di Napoli, a fine ottobre è stato pubblicato un video “su Tik Tok dove si vedono diversi ragazzi di una prima della succursale di Bagnoli smontare una classe lanciando sedie contro i controsoffitti, saltando sui banchi, staccandone i piani di appoggio per scaraventarli fuori dalle finestre, dando fuoco a qualsiasi attrezzatura scolastica sopravvissuta”.

A Castrolibero, novemila abitanti nella provincia di Cosenza, un ragazzo di 14 anni, figlio di una sindacalista scolastica, ha subito un’aggressione brutale all’uscita di scuola. Nessuno ha visto nulla. Ricoverato con il volto viola, è tornato in classe dopo un mese, accompagnato dai carabinieri. A Capo Rizzuto c’è stato un “raid di adolescenti in due edifici scolastici. Il giorno dopo, in sfregio, hanno bevuto il vino preparato dai piccoli e mangiato le loro merendine”.

Ancora La Repubblica in un recente articolo parla di “ingresso in classe di una cultura della prepotenza che, a fatica, prima della pandemia era rimasta fuori, limitata, nella sua intrusione cattiva, alle aggressioni di genitori incapaci di accettare i voti ricevuti dai figli. In un istituto superiore di Modena un professore ha chiamato i carabinieri perché uno studente era entrato in classe con una pistola ad aria compressa. Un piccolo centro come Carpi, 72.000 abitanti, dall’inizio dell’anno scolastico ha registrato alcuni episodi di violenza organizzata a scuola. A Firenze un diciassettenne con disturbi cognitivi è stato pestato da tre compagni per la risposta che aveva dato a una ragazza e così a Loreto, provincia di Ancona: “Disabile di m…, vai a prenderti la pensione”, ha urlato un bullo al compagno con il sostegno in classe. Poi ha minacciato la madre: “Se i carabinieri vengono a casa mia, poi me la prendo con tuo figlio”. A Lucca la mamma di un aggredito ha denunciato il compagno di classe del figlio.

Ma perché tutto questo? Secondo Iuss e Università di Pavia, che hanno svolto uno studio, “dopo la pandemia viviamo con più incertezza e malessere sociale”. Ma non solo: una docente di Trento dice, ancora a La Repubblica, che i ragazzi sono meno scolarizzati, come ci hanno raccontato i Test Invalsi, “e faticano ancora di più a rispettare le normali regole di convivenza. Sono due anni indietro in tutto: apprendimento, stare in aula, la relazione con gli adulti. Di contro, vivono una vita parallela sui social, dove pseudoemozioni sono sparate e mostrate a mille, dove linguaggio e gesti sono violenti, dove il pensiero critico è rigorosamente bandito”. E gli adulti sono “sempre meno capaci di ridimensionare le preoccupazioni tipiche dell’adolescenza”. Un docente di 52 anni ha scritto alla rivista Orizzonte scuola: “Sono finito nel girone infernale dei professionali a insegnare Scienze integrate. La mia classe è fatta da mastini piuttosto cattivi e ingestibili. Si sono resi responsabili di danneggiamenti e minacce. Se ne fregano di tutto, provvedimenti disciplinari compresi”.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che a fronteggiare la situazione è “la categoria con gli stipendi tra i più bassi dell’area Ocse. Come va introdotto un anticipo pensionistico degno di questo nome, senza tagli all’assegno, anche per svecchiare la categoria11”. Il sindacalista autonomo rammenta anche che “i docenti nell’espletamento delle loro funzioni e durante le ore di servizio sono pubblici ufficiali. E come tali, durante il loro lavoro e nel rapporto con gli studenti e con i loro genitori sono ‘degni di fede privilegiata’. Una condizione lontanissima dalla realtà”

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