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Covid, anno secondo: riconquistare il gusto del futuro

Covid e futuro. Il virus fa male anche allo spirito. Il 63 per cento degli italiani ha sofferto di malessere psicologico a causa del lockdown: da uno studio condotto da Elma Research, i sintomi più diffusi sono stati insonnia e difficoltà a dormire (20 per cento), mancanza di energia o debolezza (14 per cento), tristezza (18 per cento), paure e timori eccessivi (17 per cento), mancanza di piacere nel fare le cose (13 per cento), panico e ansia (10 per cento). E non è finita. A oltre un anno dall’esordio del virus, secondo la Società Italiana di Psichiatria un italiano su tre è a rischio di disturbi psichici connessi con il cosiddetto “trauma da pandemia”.

Il Covid ha picchiato duro anche sull’anima

Il Covid ci ha colpiti anche nello spirito

Più passa il tempo, più aumenta l’insofferenza verso lo stravolgimento subito dalla nostra routine esistenziale. Un anno fa si cantava sui balconi e ci si incoraggiava a vicenda. Oggi si è più chiusi in se stessi, più frustrati e annoiati. Forse il virus ci fa meno paura, ma pesa di più sui nostri animi. «Siamo passati da un’emergenza acuta a una fase definita di Covid Fatigue, stanchezza da Covid» commenta Emanuele Preti, docente di Psicologia clinica all’Università Bicocca di Milano e psicoterapeuta.

«L’estate scorsa abbiamo creduto di poter gradualmente tornare alla normalità. Poi, il virus ha ripreso a circolare e siamo stati costretti a un nuovo lockdown. La popolazione non ha più la stessa attitudine mentale di un anno fa. La coesione e il senso di comunità che hanno mobilitato risorse positive si sono esauriti».

Covid e futuro: “ItaliaTiAscolto”

Emanuele Preti parla da un osservatorio privilegiato. Nel settembre scorso, il suo ateneo ha lanciato “ItaliaTiAscolto“, un servizio di sostegno psicologico gratuito via App, rivolto a chiunque si trovi in condizioni di stress o di sofferenza emotiva per la pandemia. Sono state create “stanze”, divise per tematiche, in cui si accede per dialogare con altri e con uno psicoterapeuta. Il docente coordina i professionisti che hanno partecipato alla prima fase, da settembre a dicembre, e che a ranghi più limitati proseguono il lavoro. «Un anno fa, quanto stavamo vivendo era straordinario. La persistenza della pandemia l’ha reso ordinario».

Stanchezza, paura e frustrazione

Quali sono le principali paure adesso?
All’inizio, oltre al timore del contagio o di perdere il lavoro, c’è stato per molti lo sconvolgimento delle modalità lavorative. Ora, in aggiunta alla stanchezza, pesano l’incertezza, la difficoltà di prevedere come cambierà la situazione e se potrà mutare in meglio. La fatica di un anno riduce le risorse interiori da mobilitare.

Da qui, ansia e depressione. Chi è stato maggiormente colpito?
La fatica è trasversale, accomuna varie tipologie di persone che si sono rivolte a noi. Proprio come il bisogno di socialità, che emerge a prescindere dall’età. Entrare in un gruppo serve a sentirsi in connessione con gli altri e contrastare il senso di isolamento che stiamo vivendo. Non dimentichiamo che le difficoltà del lavoro e della quotidianità peggiorano e sembrano più insuperabili se si affrontano da soli. Chi non trova da sé la forza per uscirne, deve cercare un aiuto psicologico.

I giovani come come sono cambiati

Adolescenti e giovani spesso manifestano insofferenza allo stare chiusi in casa, e qualche volta diventano conflittuali con i genitori. Cosa si può fare?
I ragazzi vivono una fase delicata della vita, in cui si allenta il legame con i genitori e la socialità esterna assume un valore fondamentale. La loro vitalità deve trovare una valvola di sfogo fuori dall’ambito familiare. Dopo un anno di confinamento, sono più polemici che mai con i genitori, oppure si isolano, spegnendosi. Questa seconda reazione è più preoccupante: consiglio di parlare con un esperto per capire e trovare una modalità di aiuto. Quanto alla conflittualità, è un segnale della forza vitale dei ragazzi. Occorre pazientare e tenere aperta la porta del dialogo.

Tra i gruppi, ne avete creati di specifici per la gravidanza e per i neogenitori. Come mai?
Sono fasi della vita in cui si ha più necessità di scambiare informazioni ed esperienze. Ci sono situazioni difficili da gestire da soli, ma che si normalizzano nel rapporto con gli altri.

Non abbandoniamo gli anziani

Gli anziani per più di un anno sono stati privati della compagnia dei nipoti, della possibilità di vedere amici o fare volontariato. Come possiamo aiutarli?
Gli anziani attraversano un momento della vita in cui spesso si è soli. Se questo isolamento è acuito, diventa spaesamento. Basta togliere loro i pochi punti di riferimento di cui dispongono e l’equilibrio va in crisi. Vanno trovate nuove routine. Chi è riuscito si è adattato, con l’aiuto dei figli, alle alternative offerte dalla tecnologia, come le videochiamate. Con chi non ce la fa coltiviamo la relazione vedendoci all’aperto, nel rispetto delle regole.

La pandemia ha colpito duro anche le persone tra i 40 e 60 anni. Oltre alla preoccupazione economica, spesso devono gestire figli, anziani, lavoro. Il senso del dovere e dell’amore per gli altri può infondere forza, ma fino a quando?
Chi appartiene a questa fascia d’età avverte una fatica enorme, come risulta anche da studi effettuati su precedenti epidemie. La diversa reazione di ciascuno dipende dalle risorse mentali individuali di cui dispone. L’amore per gli altri funziona come elemento motivante in una strategia a breve termine, ma in un lasso di tempo più lungo bisogna ascoltare anche se stessi e i propri problemi.

Covid e futuro: tutto incerto, anche i desideri

Altrimenti non si ha più voglia neppure di pensare a una vacanza perché tutto è incerto, non si acquista un capo di abbigliamento perché non si esce…
Questo accade se si smette di pensare a se stessi. Provare desideri, invece, è importante per uscire positivamente dalla situazione. Se mai torneremo come prima bisognerà ritrovare un equilibrio, darsi obiettivi e avere sogni.

Come si torna a guardare al futuro con ottimismo?
Occorre una comunicazione chiara e certa a livello istituzionale, che aiuti a recuperare l’ottimismo. Poi, serve la condivisione per non sentirsi soli e isolati. La speranza diventa più tangibile se si è a contatto con gli altri. Teniamoci strette le nostre reti relazionali: di fronte alle difficoltà, ci facilitano e ci incoraggiano.

Recupereremo il gusto della vita?
Può essere. Ognuno ha la sua modalità di elaborazione e quanto stiamo facendo adesso ci consentirà di avere le risorse da rimettere in campo quando tutto ripartirà. Ecco perché questo è un momento cruciale e va vissuto al meglio.

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