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Vaccini, Rezza: dopo gli 80enni tocca ai docenti, la variante Covid inglese infetta più i bambini. Sindacati preoccupati

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Lo Stato italiano sta provvedendo a vaccinare per il Covid-19 tutti gli operatori sanitari, ha iniziato con gli ultra 80enni, subito dopo sarà la volta degli insegnanti e delle forze dell’ordine: come già scritto, la conferma del nuovo programma sulla somministrazione dei vaccini anti-Covid è arrivata il 5 febbraio dall’epidemiologo Gianni Rezza.

Vaccinazioni: ecco il programma

Durante la conferenza stampa tenuta al ministero della salute, il direttore generale della prevenzione presso il ministero della Salute ha detto che in una prima fase il piano prevede di coprire prima gli operatori sanitari per rendere libere da Covid le strutture ospedaliere e coprire le persone anziane. Dopo di che si procede a vaccinare gli over-80 e molte regioni hanno già iniziato.

Poi, ha aggiunto Rezza, bisogna scendere con l’età e andare a vaccinare categorie prioritarie come insegnanti e forze dell’ordine. Il piano, ha sottolineato, tiene conto dei vaccini disponibili e delle caratteristiche della popolazione.

Il caso da “rosso” dell’Abruzzo

L’epidemiologo ha aggiunto che “si stanno implementando zone rosse nei comuni colpiti”. Quindi, ha fatto l’esempio di “Chieti, in Abruzzo”, dove “è stata identificata la variante inglese che ha maggiore trasmissibilità: per fortuna la risposta ai vaccini non è inficiata ma bisogna intervenire prontamente, anche perchè sembra possa infettare di più la popolazione pediatrica”.

Un dato che, se confermato, potrebbe comportare ulteriori problemi alla frequenza scolastica, stavolta anche per gli alunni più piccoli.

In questa situazione di contagi, tutt’altro che rassicurante, cresce l’interesse da parte del personale della scuola per essere vaccinato.

Gissi

Gissi: servono i criteri generali

L’Ansa ha intervistato su questo argomento alcuni leader dei sindacati. Secondo Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, per vaccinare il personale “ci deve essere prima una definizione dei criteri: si deve partire dalla scuola dell’infanzia, dove c’è prossimità, dal sostegno dove c’è la vicinanza tra docente e ragazzo e dalle classi sovraffolate. Suggeriamo che ci siano dei criteri generali, e che vengano censite le situazioni, fissando un sistema”.

Secondo Gissi “serve poi una campagna di informazione su quali fragilità devono essere escluse e certificate e ci vuole un tavolo del ministero della sanità con i rappresentanti delle categorie coinvolte”.

Pacifico: ai docenti indennità rischio biologico

“I docenti non sono stati ancora vaccinati e sono in spazi piccoli, dove c’è una forte concentrazione di persone”, dice Marcello Pacifico, presidente Anief.

Per il sindacalista c’è “la necessità di rimettere mano all’organizzazione degli organici aumentando il numero dei docenti e dei plessi, oltre 15 mila negli ultimi anni sono stati tagliati. Vanno inoltre prorogati i contratti Covid. Quanto ai vaccini, devono essere volontari ma bisogna garantire ai docenti non solo la priorità ma anche una indennità legata al rischio biologico”.

“Mi domando poi – continua il sindacalista – -perchè somministrare al personale della scuola il vaccino AstraZeneca: bisognerebbe dare loro un vaccino che li copra maggiormente, come è stato fatto per i medici. A scuola si sta in uno spazio chiuso per diverse ore, non dimentichiamolo”.

Librandi: vaccini nella sanità in ritardo

Molto scettico sull’intera campagna di vaccinazioni è Michelangelo Librandi, segretario Uil Fpl, per il quale anche medici, infermieri e operatori sanitari non sarebbero stati vaccinati.

“Sono indietro le vaccinazioni alle professioni sanitarie: con il blocco che c’è stato, molti hanno rischiato di saltare il secondo richiamo e alcuni non hanno fatto neppure la prima dose. La stessa campagna che invita a vaccinarsi ha subito una frenata”.

“A noi risulta – ha continuato Librandi – che in molte rsa non sia iniziata la campagna vaccinale: la copertura nelle residenze sanitarie attualmente è inferiore al 25% quando le vaccinazioni nel servizio sanitario dovevano essere ultimate a fine gennaio”.