Maradona, il suo grande amico e rivale Pelé cambia la foto profilo su tutti i social per omaggiarlo
Due grandi campioni, due rivali nello sport: all'indomani della morte di Maradona, il campione brasiliano Pelé omaggia l'argentino sostituendo la foto del profilo di tutti i suoi social. È l'omaggio a una leggenda del calcio, proprio come lui
"Un giorno, spero, giocheremo insieme a calcio in cielo", ha scritto Pelé il giorno della morte di Diego Armando Maradona. Una notizia triste, ho perso un caro amico e il mondo ha perso una leggenda". L'indomani il campione brasiliano, al secolo Edson Arantes do Nascimento, da poco ottantenne, ha sostituito tutte le immagini dei suoi profili social con una foto che ritrae i due abbracciati. È l'omaggio a una leggenda del calcio, proprio come lui.
Maradona, infatti, è stato il suo più grande avversario soprattutto quando portò l'Argentina a vincere i mondiali del 1986 segnata dal gol che il Pibe de Oro accreditò alla 'mano de Dios', prima di vincere il titolo praticamente da solo in finale con la Germania Ovest. Un romanzo calcistico sporcato da una vita fatta di eccessi fuori dal campo. Molti giocatori sostengono che Maradona sia stato meglio di Pelé, sicuramente diverso proprio per la sua vita turbolenta fatta di passioni, divorzi, figli e battaglie per riconoscerli, droga e depressione.
"Ha avuto una vita travagliata, diventando un eroe positivo in campo e negativo a casa", traccia il profilo del campione Enrico Zanalda, co-presidente della Società italiana di psichiatria (Sip): "Rispetto a Pelé, Maradona ha avuto una vita molto travagliata, un po' romanzata, eroe positivo e negativo. Positivo per ciò che ha dimostrato sul campo, ma poi nel privato c'erano i figli illegittimi, la vita un po' dissipata, la droga. Maradona era uno che non stava alle regole. Sia in campo, basti pensare a quando ha segnato con la mano, era spregiudicato, sia nella vita privata cui si sentiva al di sopra di tutto. Era una persona anche affascinante sotto questo punto di vista. Tutto genio e sregolatezza, chi giocava con lui in squadra era molto affascinato, non si allenava ma giocava meglio di tutti. Certamente un grande atleta che non ha fatto la vita da atleta. Aveva un'intelligenza di gioco pazzesca: capiva, da quello che dicevano gli allenatori, in che momento attaccare in tal punto il tal giocatore per vincere la partita. Nel momento in cui ha fatto vincere lo scudetto al Napoli o la Coppa del Mondo all'Argentina è entrato nel cuore di tutti ed è qualcosa che segna molto in profondità, perché si è trattato di grandi gioie".