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Covid, la nuova ansia è quella da attesa: come gestirla fin da subito

Mentre crescono le misure restrittive per il contenimento del Covid- 19, l’ultimo Dpcm ha ridotto la quarantena, che passa così da 14 a 10 giorni. Sebbene i tempi siano stati ridotti, si tratta pur sempre di attesa, che porta con sé ciò che gli psichiatri hanno definito ansia “da limbo”. E poi c’è l’attesa per l’esito del tampone, quella per le notizie di un caro che non sta bene, quella per tornare ad abbracciarsi e a riprendere una vita sociale “normale”.

Cos’è l’ansia “da limbo”

Dante Alighieri nel secondo canto dell’Inferno fa dire a Virgilio che si trovava “tra coloro che son sospesi”. È questa l’immagine che descrive l’ansia da “limbo”, un disagio che si inquadra tra gli effetti psichici indiretti del Covid-19, ma non è un’ansia generalizzata, collegata a una situazione di incertezza continua in attesa del ristabilirsi della normalità, ma un’ansia specifica, “da sospensione del tempo”, che aumenta il malessere psichico oltre alle ricadute sociali ed economiche, con risvolti che vanno dall’ansia alla difficoltà di concentrazione, allo spaesamento, ai disturbi del sonno. A individuarla sono gli psichiatri della Società italiana di Psichiatria (SIP).

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Covid e ansia dell’attesa

Non comprende soltanto l’ansia dell’attesa per il vaccino che sconfigga il virus: ad esserne colpito è anche chi è malato di Covid, magari da lunga data, e si trova nella condizione infelice di attesa che si protrae tra alti e bassi. Ma anche chi è in attesa di fare il test o del risultato del tampone, o chi aspetta la scadenza della quarantena o dell’isolamento fiduciario. «Nel dopo- lockdown si sono registrate moltissime diagnosi di disturbo post-traumatico da stress, ora il nuovo disagio psichico è l’ansia “da sospensione” e la via di uscita sono le relazioni», spiega il Professor Massimo di Giannantonio, presidente della Società italiana di Psichiatria (SIP) e professore di Psichiatria all’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara.

L’attesa del referto

«Nel caso delle malattie l’attesa è associata alla cosiddetta ‘ansia anticipatoria’, con l’attesa dell’esame, del referto, della terapia che si accompagna alla paura connessa alla singola malattia che viene indagata. In relazione al Covid, una malattia virale che desta preoccupazione e angoscia perché non ha un trattamento specifico e per tutto il clamore mediatico che suscita, la sospensione del tempo è percepita da chi attende il “giudizio” del tampone, di fare il test o la fine della quarantena, come un’attesa alterata e dilatata, apparentemente infinita, che può essere vissuta in modi differenti a seconda delle personalità. Ogni giorno sempre più persone subiscono passivamente l’attesa, che diventa una sorta di alibi per attuare un atteggiamento rinunciatario, passivo, e che moltiplica i problemi. Altre sono insofferenti e reagiscono in modo aggressivo, a volte violento, altre ancora tentano di non tenere conto delle limitazioni pagandone le conseguenze, anche legali», continua il Professor di Giannantonio.

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Convincersi del peggio

«Se sono presenti sintomi di tipo depressivo e ansioso la sospensione del tempo dell’attesa di un possibile evento negativo aggrava l’intensità dell’ansia. Al punto da poter indurre la “Disperazione di Cassandra”, della profezia catastrofica. Il paziente si convince di essere già condannato e a causa della “ruminazione” di fantasie negative, in casi estremi, può giungere a forme di comportamenti disperati. Possiamo considerare l’ansia anticipatoria come un disturbo potenzialmente presente nel 5% delle persone che attendono un referto diagnostico e l’ansia di attesa da Covid molto più frequente», spiega il Professor Enrico Zanalda, co-presidente SIP e direttore dell’Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Torino 3.

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