Martedì 23 Aprile 2024

In cura 900mila pazienti psichiatrici. Poche risorse, famiglie abbandonate

Di Giannantonio (Sip): "Fondi non adeguati, siamo fermi al 3,2% dei budget Asl. Dobbiamo arrivare all’8%".

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E' morto esattamente 40 anni fa con un cruccio: "Il problema è che la società per dirsi civile dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia". Chissà cosa direbbe oggi Franco Basaglia, il papà della legge 180 (era il 1978), lo psichiatra che fece chiudere i manicomi e se ne andò a soli 56 anni, per un tumore al cervello, dopo aver fatto la rivoluzione. Amato e odiato.

Se guardiamo ai numeri, quelle parole-testamento non sembrano compiute. I servizi di salute mentale sono nati per restituire dignità alle persone. Ma tutti - malati, famiglie, operatori – devono fare i conti con risorse non adeguate, dai fondi al personale e quindi all’organizzazione.

Eppure questo non è un anniversario qualunque. Arriva dopo il lockdown e previsioni fosche. Massimo Di Giannantonio, 66 anni, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), ricorda: "I direttori dei dipartimenti hanno calcolato 300mila pazienti in più. È bene chiarirlo, non è un dato scientifico ma una previsione. Rappresenta il 30% delle 900mila persone in trattamento, che in media hanno tra i 45 e i 62 anni. Un quarto di loro, e anche questa è una stima, sono ricoverati; gli altri assistiti a livello ambulatoriale, domiciliare e riabilitativo nei centri diurni. Per legge i servizi dovrebbero avere il 5% dei budget Asl, invece in media siamo fermi al 3,2. Come presidente, farò richiesta ufficiale perché su tutto il territorio sia raggiunta la soglia dovuta, ma il mio obiettivo è di salire all’8%, che è la percentuale sul pil dei paesi più avanzati". Gli psichiatri attivi in Italia "sono 8.350". Ma, avverte il presidente, "attenti a dare una risposta medicalizzata alla sofferenza mentale. Va costruita una presa in carico complessiva". È il senso di quel che voleva Basaglia. Un quadro ideale, non si sa quanto realistico.

Il ministero della Salute a gennaio ci ha ricordato che nel nostro Paese "una persona su quattro ogni anno fa esperienza di un problema di salute mentale". Altri dati illuminanti sul disagio psichico sono contenuti nell’ultimo rapporto annuale – purtroppo riferito al 2018 – sul consumo di psicofarmaci. Quasi 49 milioni le confezioni vendute, 36,5 di antidepressivi (con una spesa lorda che supera i 373 milioni di euro) e 12 di antipsicotici. Quasi tutto viaggia in regime di assistenza convenzionata, quindi in farmacia. Poca cosa la distribuzione diretta, legata cioè ai servizi di salute mentale o agli ospedali. E anche questo colpisce.

Dopo i 65 anni, la vita di un paziente psichiatrico cambia. Dalle strutture residenziali riabilitative passa alle Rsa, le residenze sanitarie assistite. "Il grosso problema – riconosce Di Giannantonio – è sempre lo stigma, il pregiudizio. Stiamo facendo un grande sforzo per affrontare questa trasformazione". Ma si sente di sottoscrivere la sintesi, le famiglie sono abbandonate? "Assolutamente no – ribatte –. C’è un problema, e questo è un po’ il frutto malato della riforma psichiatrica di Basaglia, la negazione e la cancellazione del concetto di cronicità. Riabilitazione e successo terapeutico sono stati estremizzati. Inducendo l’opinione pubblica a pensare che se si fa tutto perbene la malattia mentale si risolve. Ma non è sempre così".