La rivoluzione dell’uomo che liberò i matti

Il padre della riforma scomparve il 29 agosto 1980, due anni dopo la legge 180. Cosa resta da fare per dare dignità (e assistenza) ai malati.

Esattamente quarant’anni fa, il 29 agosto 1980, moriva Franco Basaglia, lo psichiatra veneziano che due anni prima aveva ispirato la legge 180 del 1978 sulla chiusura dei manicomi. Il punto centrale della legge era la spinta a superare l’esclusione sociale delle persone malate, da reinserire nella comunità. Grazie a Basaglia, sono stati aboliti gli ospedali psichiatrici e istituiti i servizi di salute mentale che fanno parte dei Dipartimenti. Oggi, a causa dell’epidemia di Covid, il problema del disagio mentale e quello stesso approccio rivoluzionario sono tornati centrali.

Grazie a Basaglia (e a sua moglie Franca Ongaro), l’Italia è stato il primo Paese al mondo a chiudere i manicomi. Modello che non ha molti proseliti: per negligenza e mancanza di coraggio, non per errore. "Ciò che accaduto qui è rilevante. Dopo 40 anni molte cose sono andate avanti in Italia, altre no, ma tante cose ancora restano da fare", sintetizza Franco Rotelli, che condivise con Basaglia tutta l’esperienza triestina.

"La scienza – dice – ha fatto il suo dovere, ora tocca "alla politica". Si risveglino le coscienze, "a partire dal Coronavirus, perché il disagio psichico è grande". Basta col discutere di "Mes o non Mes, è importante spendere bene i soldi, non gli strumenti, e bisogna investire un miliardo di euro nella salute mentale". E intanto prosegue l’iter della candidatura di Basaglia a Nobel per la Pace.

La Società italiana di psichiatria (Sip) ha rilevato come la vita anomala di questi mesi abbia fatto esplodere ansia (disturbo più maschile), insonnia e depressione, che colpisce soprattutto le donne e riguarda 300 milioni di persone nel mondo, come ci ricorda l’organizzazione mondiale della sanità.